ROSSI, Fede, Speranza e Carità [135]

Articolo inedito di Andrea Rossi di Cortona

Voglio riflettere sulle tre virtù teologali, punti fermi di ogni cristiano e oggi più che mai nostro vessillo d’identità, dal momento che Roma le ha abbandonate professando un ideologia che non è più quella cattolica.

Iniziamo dalla Fede. La Fede in Cristo dovrebbe essere il punto saldo di ogni cristiano, quello che egli, attraverso la preghiera, i sacramenti e le pratiche cristiane, tiene acceso anche nei momenti più bui della vita. Infatti, al contrario di quanto insinua l’attuale versione (eretica) del «Padre Nostro», Dio mette sempre alla prova la nostra Fede in lui e, se leggiamo la Sacra Scrittura, nell’Antico Testamento troviamo due esempi celebri di indugio alla tentazione di venir meno alla fedeltà a Dio, per esempio nelle vicende di Abramo, Isacco e Giobbe.

La Fede, quindi, si deve coltivare e sapere che sarà sempre messa alla prova come atto di amore, per far sì che vengano rinnovati sempre, anche nelle avversità, il nostro amore e la nostra unione con Dio.

La seconda virtù teologale è la Speranza. Essa è collegata alla Fede in Cristo, in quanto donare la nostra fedeltà a Dio ci implica di aderire alla promesse fatte da Cristo, ovvero la vita eterna, di cui solo attraverso l’accettazione di Cristo nella Fede possiamo essere eredi. Già in molti Salmi si legge la continua preghiera a Dio come atto di affidamento, e quindi Speranza, nella sua misericordia, nel suo aiuto, nel suo amore, rimettendo nelle sue mani la Fede e, di conseguenza, la Speranza nel suo intervento.

La terza virtù teologale, coronamento delle altre due, è la Carità. La Carità è il frutto della Fede e della Speranza, perché chi vive in pienezza di Fede e di Speranza fa sì che le sue azioni siano in comunione con il volere di Dio e quindi dettate dai più bei sentimenti e, in concreto, dalla più belle opere. Illuminante quanto dice San Paolo nel suo inno alla Carità: la Fede e la Speranza moriranno con noi ma la virtù che non morirà mai sarà proprio la Carità, in quanto tutto ciò che seminiamo in forza di essa genera altro amore e questo fa sì che tutto questo durerà in eterno, in quanto abbiamo messo in pratica il volere di Dio.

La Chiesa di oggi crede ancora in queste tre virtù?

Crede fermamente in Cristo nelle sue parole, nei suoi insegnamenti, nei suoi ammonimenti?

Ha veramente la Speranza e si affida a Dio come unico salvatore, Verbo incarnato, giudice misericordioso e giusto?

Trasmette la Carità dell’annuncio della salvezza, della conversione nella sua Chiesa, corpo mistico di Cristo?

Oggi, purtroppo, tutto è andato in confusione, spalancando le porte alle ideologie del modernismo, che hanno fatto abbandonare in pochi anni le verità della Fede cristiana. Oggi, purtroppo, più che mai si mira alla disgregazione della sostanza, in quanto, non annunciando più la Verità per cercare le pseudo-verità, la Chiesa post conciliare ha costruito un nuovo Credo, una inedita ideologia, che ha avvelenato e avvelena la Chiesa, sposa di Cristo.

Quindi, ricordandoci delle parole di San Tommaso d’Aquino: «L’arto malato deve essere tagliato, se non vogliamo che tutto il corpo vada in cancrena», non possiamo più rimanere attaccati ad un corpo malato.

Fiducioso, mi auguro che molti sacerdoti e vescovi escano dall’autoritarismo di Roma per rientrare nel solco della vera e unica Chiesa, per ridarle vigore, mettendo al primo posto, nella loro vita e nella loro opera pastorale, la vera Fede, la sincera Speranza e l’autentica Carità.

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